Farsi Fuori. Fenomenologia del corpo-suono e improvvisazione come evento

“Ogni sistema musicale tende ad imporre la propria forma discriminando e allontanando, di conseguenza, tutto ciò che ad essa non si conforma. C’è quindi sempre un resto, suoni altri, deietti, che sono poi quelli che a me interessano di più, che restano fuori gioco, addirittura inuditi perché è vero che i linguaggi musicali sono meravigliose forme espressive ma è anche vero che la loro ipostatizzazione rischia di renderci sordi rispetto a tutto ciò che li trascende.”

“Sono quindi andato sempre più verso una ritmicità del corpo-mondo fatta di suoni che eccedono le forme astratte e matematizzate della musica. Ecco questo è il punto, c’è un infinito mondo ritmico-timbrico che sfugge alle formalizzazioni sistemiche e ancora di più alla scrittura musicale ed è quello il mondo verso il quale mi sono diretto e mi sono ritrovato. E’ ancora possibile parlare di ritmo? Penso di sì, ma ciò che emerge da questo orizzonte è fatto di suoni balbettanti, di spasmi, contrazioni, sfinimenti e puntualità ondivaghe. L’idea di ritmo come scansione-ripetizione immediatamente percepibile viene meno, c’è una specie di sprofondamento e dilatazione dove però il pulsato – la distinzione tra ‘pulsato’ e ‘non pulsato’ appartiene a Deleuze – non è cancellato quanto trasmutato in una apertura non pulsata che chiamo ‘spaziatura’. La spaziatura potrebbe essere pensata come uno spazio d’intensità, un vuoto tensionale dove pulsato e non pulsato si coappartengono. E ciò perché in questo caso la dimensione non pulsata non nasce da un processo astrattivo, come nella musica contemporanea che si affida alla scrittura musicale, bensì dalle ragioni oscure della visceralità corporea.”

“Vivo il mio suonare come una danza, una danza fatta di gesti spezzati, di sospensioni e di esitazioni, di vuoti, di ‘mancamenti’. Penso che in realtà queste mancanze/mancamenti – e qui distinguere sarebbe interessante ma ci porterebbe troppo lontano – possano dire più di ogni esplicito dire. Quel vuoto, quella parte mancante lascia essere ciò che non può esser preso, ciò che può essere suonato soltanto mancandolo. La tendenza a togliere,al ‘levare come assenza fisicamente costitutiva, come elemento strutturale non prescritto da una partitura è quindi un elemento fondamentale del mio modo di suonare.”

Marco Ariano, Farsi Fuori. Fenomenologia del corpo-suono e improvvisazione come evento, (intervista di Paolo Demitry), in AA.VV., Il Corpo nel Suono – 1, Aracne, Roma, 2017