Intervista

“La mia tensione fondamentale è sempre stata quella di pormi fuori dai linguaggi costituiti ed è proprio su questa im-possibilità, su questo confine paradossale, che si muove il mio lavoro e sempre di più la mia riflessione. Questo richiede una preliminare epochè – con quanto di problematico questo comporta – che penso, insieme, come un transitare (transe) oltre se stessi e come un delirare, un uscire dal solco dei linguaggi. Indico così un’apertura, un fuori dal-del soggetto/linguaggio che implica tra l’altro il recupero dei due grandi rimossi dell’Occidente: il corpo e lo spazio. Insomma, per me l’improvvisazione non solo non è cosa da poco, o qualcosa d’inferiore, – pregiudizio presente in modo più o meno latente in tutta la nostra cultura – ma è una dimensione impensata, profondamente problematica ed intrinsecamente eversiva.”

L’improvvisazione è una pratica desiderante, una pratica musicale libera da vincoli trascendenti, anarchica, ma è insieme una forma di ascetismo, richiede una dedizione assoluta, un esercizio e un affinamento continui. E’ per questo che mi piace definirmi, giocando, un asceta anarchico, che è in fondo un ossimoro.”

Marco Ariano, Intervista, in Giuseppe Sardina, Il suono prima di tutto, Tesi di Laurea, Siena Jazz University, A.A. 2014-2015