Hey, Mister Tambourine man, play a song for me…”; fingiamo per un attimo di ignorare il doppio senso del dylaniano ‘Signor Tamburino’, che i tamburini, nel senso letterale, li avrebbe dovuti suonare: mentre qui ci troviamo dinanzi a dei ‘tamburini’ (e percussioni d’ogni genere, comprese quelle improprie e quelle self-made) caratterizzati da una spiccata, programmatica e dichiarata propensione al canto, ad una inedita sorta di Singspiel o di ‘recitar cantando’ che crea – ex abrupto ed ex nihilo – uno spazio drammatico prima ancora che musicale o gestuale. Sto parlando di due lavori su CD del percussionista e batterista (ma la duplice categorizzazione è riduttiva) Marco Ariano: “Sensuali eresie” (1999-2002) e “Degli insetti” (2010).Che di spazio drammatico – della sua delimitazione, definizione – si tratti, lo enuncia in apertura il seriore dei due lavori, con un coup de théatre che im/pone senza ambagi né esitazioni sia la natura extramusicale, insieme unter– ed uebermusikalische, delle composizioni, sia la materia del disco stesso: perché pronunciare eresie è atto di forza, l’atto drammatico per eccellenza, ed una eresia ‘sensuale’ è un’eresia ancor più potenziata, nella duplice accezione (che rievoca l’anfibolica sensuosness marcusiana di “Eros e civiltà”) di sensorialità ed eroticità. Così, il gesto di Ariano, non essendo egli interessato alla dimensione musicale del suono, bensì a quella teatrale, si sottrae da subito alle gabbie del tecnicismo, del (vero o presunto) virtuosismo, cioè di tutto quanto, fingendo di favorire la creazione, in realtà molto spesso la soffoca entro schemi e patterns precostituiti: limitando l’inventiva, co-stringendo la ricerca entro ambiti e limiti congrui al presupposto tecnico stesso, che così da mezzo espressivo troppo spesso diventa restrittivo contenitore. In questo modo il lavoro di Ariano si sottrae alla logica tardocapitalistica della specializzazione, al ricatto della competizione, al narcisismo dell’esibizione di abilità. Evidente l’implicito valore contestativo nei confronti del sistema musicale e, attraverso esso, del sistema assiologico tout court. Ma cosa c’ è, nei dischi di Ariano? Cosa “riempie” le quasi due ore che occupano complessivamente? E cosa, infine e sopratutto, trasmettono? Diciamo anzitutto che, fortunatamente, occorre sviluppare due discorsi diversi per i due CD: ché, merito tutt’altro che secondario dell’autore, non vi è traccia alcuna di ripetitività tra i due lavori. Il primo, coerentemente col titolo, è prioritariamente più astratto, più teatro di idee, impersonale; ma è anche, sensualmente, luogo e vetrina di emozioni, di fascinazioni – calde e fredde, attrattive e repulsive – sonore; e l’accesa emozionalità è la cifra complessiva del disco. Tutt’altro cast ideale per il prodotto recenziore: che vede in scena delle quasi-dramatis personae nei panni ‘degli insetti’, virtualmente presenti nel sommesso ma animato brusio di apertura. E “Degli insetti”, il titolo, si rivela subito anch’esso anfibolia: complemento di argomento ma anche partitivo: degli insetti qui si parla, ma gli insetti qui anche parlano. Qui il “brusio” caro ad Ariano (1) è quello prodotto dai protagonisti entomologici del disco, rappresentativi dall’ “entomofono”, strumentino artigianale inventato da Ariano stesso, mentre il brusio che apre e iterativamente attraversa le “Eresie” è prevalentemente un drone ostinato di synth a metà tra un wire e un didgeridoo. E qui si apre – e purtroppo rimane irrisolto – il dubbio su quanto l’autore abbia programmaticamente tenuto in considerazione, nel progettare e poi realizzare materialmente il disco, l’omonima decima sonata di Scriabin; che non condivide certo, col presente lavoro, solo il titolo, ma (fatta ovviamente la tara del secolo che li divide), la stessa concezione della ‘musica’: “Non capisco come si possa scrivere soltanto ‘musica’ adesso. Che cosa poco interessante!” (Scriabin); “La MUSICA non mi interessa!” (Ariano, in una conversazione telematica; ma si legga anche la succitata intervista). Si noti inoltre che non troppo dissimili sono i mezzi musicali che portano sia il grande compositore russo, sia il giovane musicista romano, a riferire agli insetti i loro lavori: l’ampio, quasi ossessivo uso dei trilli nel primo caso, l’insistito ticchettio dell’entomofono nel secondo.
“Sensuali eresie”, diversamente, è costituito da frammenti eterogenei tratti da eventi varii tenutisi in luoghi diversi negli anni ’99-’02, con la partecipazione di parecchi validi giovani musicisti dell’area di ricerca: David Barittoni, Roberto Bellatalia, Francesca Cassio, Giulio Ceraldi, Giovanni Di Cosimo, Marco Fagioli, Antonio Iasevoli, Michail Thieke, Mifue Sugiyama, Luca Venitucci. Vasto e ad ampio raggio anche il repertorio strumentale: oltre alle percussioni, all’elettronica e al piano preparato del titolare, altre elettroniche insieme a koto, synths e tubi, tromba e tampura, fonemi effettati e versi poetici (di Marcello Sambati), contrabbasso e tubi: tutti suonati in modo non convenzionale, ad empire lacerti musicali che vanno dal meno-di-un-minuto ai sei minuti buoni. Cinquanta minuti totali di emozionalità pura e continua, a tratti più distesa, a tratti violenta, sanguigna, come nel già citato incipit o nel terzultimo brano, il “Diciassette” (tutti i brani hanno per titolo esclusivamente il loro numero cardinale), o nel brevissimo brano successivo, che riecheggia l’intro di “Bitches Brew” di Davis. Attenzione: emozionalità, come categoriale disposizione dell’animo, non specifiche emozioni per così dire eterodirette e predeterminate dall’autore (“Qui, ascoltatore, devi esaltarti, qui ora rattristarti, rilassarti, caricarti, etc.”: niente di tutto questo!); e in questa tensione ritorniamo alla dimensione drammatica del lavoro di Ariano, e a quella sua capacità di usare le percussioni non solo – e anzi pochissimo – per creare ritmi (o, meno ancora, un ritmo),ma piuttosto per farle parlare, recitare, addirittura melologare: due concetti, questi, cui Ariano, nella stessa intervista, si mostra particolarmente legato. Diverso il mood sotteso al disco del 2010: che è oggetto di altra natura, progetto unitario – seppure con sei organici diversi per i diversi brani – e pertanto più uniforme, dall’andamento meno rapsodico, per certi aspetti più concentrato; sicuramente più scarno, scabro, essenziale; di certo più maturo. Qui il ‘canto’ del drumming si dispiega con maggiore evidenza e consapevolezza; ben tre brani (1,5 e 10: sarà un caso, codesta progressione?) sono affidati al solo titolare, alla batteria, percussioni, entomofono e oggetti elettroacustici (altrove anche alla diamonica): eppure non si tratta di assoli di batteria, bensì di veri e proprii pezzi musicali completi. Mr Tambourine Man suona, canta e incanta pure. Negli altri pezzi si alternano all’elettronica, alle chitarre, trombone, theremin, sax, flauti, shruti box, voce, vibrafono, musicisti quali Renato Ciunfrini, Stefano Cogolo, Roberto Fega, Filippo Giuffré, Francesco Lo Cascio, Giuseppe Lomeo, Ezio Peccheneda, Alex Pierotti, Davide Piersanti, Marta Raviglia; tutti insieme danno vita ad “una ‘scena’ (non un ‘testo’, attenzione!) caratterizzata dalla reciproca cattura/possessione di suoni e immagini” (dalle note al disco dello stesso Marco Ariano). Anche qui, dunque, la dimensione drammatica – e più ampiamente teatrale – porta l’action playing dell’autore au-de-la de la musique, verso il brusio, quell’under-noise (così più ricercato – e insieme da, suggestivamente, ricercare) che tanto marcatamente differenzia quella di Ariano da contemporanee esperienze appunto noise-scratch o noise-glitch oriented. Il sound-ripping, insomma, sta all’action playing un po’ come il color-dripping stava all’action painting: questo portava fuori della pittura tradizionalmente intesa (oltre la forma stessa), quello porta a superare i limiti della musica tradizionalmente intesa (oltre il suo continuum temporale). Due lavori che ‘meritano il viaggio’ e che vale davvero la pena di ascoltare e riascoltare con crescente attenzione e piacere; non resta che aspettare e sperare in future, nuove e sempre rinnovate produzioni da parte di Marco Ariano.
Francesco De Ficchy, dinamismi.wordpress.com, 18-05-2012